by Davide Marrè
Da sempre la Festa di Ognissanti, l’1 novembre, e il Giorno dei Morti, il 2 novembre, sono celebrazioni particolarmente sentite nel mio paese. L’usanza di recarsi nei vari cimiteri per far visita ai defunti, ripulire le tombe e portare dei crisantemi freschi, è ancora diffusa un po’ dappertutto. Esistono delle tradizioni più locali sui cui vorrei focalizzarmi perché io stesso, fin dall’infanzia, le pratico ancora oggi.
Ogni regione aveva le sue tradizioni per onorare i morti e celebrare questi giorni. Oggi alcune sono sparite, altre rimangono. La diffusione della festa “americana” di Halloween, con il suo dolcetto o scherzetto, né ha risvegliate alcune e cancellate altre.
La Cotognata
Parto da una delle usanze che conosco meglio, quella della cotognata. Si tratta di una marmellata solida particolare, preparata da un frutto la mela cotogna che può essere consumata solo cuocendola e lavorandola. Ancora calda si mette in varie formine con disegni diversi, questo prima che si solidifichi. Preparata a ottobre, si conserva per tutto l’autunno. A Chiavari, in Liguria, la mia terra di origine (e anche in Sicilia), è uno dei dolci tipici che si offrono durante questa festività e durante tutto il periodo autunnale.
Un dolce di buona fortuna portato dai morti stessi per allontanare in qualche modo la morte, dal colore arancione / rosso e dalle forme sgargianti.
Quando ero bambino mi veniva donata la mia cotognata a forma di pesce e la gustavo con i miei cugini proprio durante questi giorni speciali.
Oggi la preparo ancora con le mele cotogne di un albero piantato molti anni fa da mio padre che oggi vive ad Arona sul Lago Maggiore. Gliela faccio recapitare proprio in questi giorni. È un regalo speciale che gusta volentieri… come il sottoscritto. E qualche volta anche i membri della mia coven la possono assaggiare se non la finisco prima!
La tradizione della cotognata è condivisa con la Sicilia. Qui è comune l’usanza di donare dolci ai bambini. Ecco una nota filastrocca siciliana dove sono i morti a portare questi dolci doni:
Anime Sante
“Armi santi, armi santi (anime sante)
Io sugnu unu e vuatri siti tanti: ( io sono uno e Voi siete tante)
Mentri sugnu ‘ntra stu munnu di guai (mentre sono in questo mondo di guai)
Cosi di morti mittitiminni assai“(Regali dei morti mettetemene molti)
Gli Offiçiêu
Per comprendere quanto alcune tradizioni sia locali e localizzate dobbiamo fare una “microstoria”. Ne parla Carlo Ginzburg in Storia Notturna. È un approccio semiotico che guarda al particolare e non solo al generale e all’universale. Così devo scavare nel mio cuore per ricordare che sempre a Chiavari durante la mia infanzia, in questi giorni, ci venivano donati gli Offiçiêu.
Si tratta di un’usanza diffusa solo nella particolare area della Liguria che va dalla Val Fontanabuona al mare.
Sono candele usate tra la Novena dei Morti (24 ottobre) e la Commemorazione dei Defunti (il 2 novembre). Sono composte da un lungo filo di cera, che può essere bianco, colorato o ornato con un sottile filo d’argento. Il filo è piegato più volte fino a formare una struttura modellata in scarpette, cappellini, fiaschette, cestini e borsine. Ricordavano gli oggetti di cui i morti potevano avere bisogno.
Il Giorno dei Morti srotolavamo il filo e ne facevamo tante piccole candele. Per ogni candelina accesa la tradizione voleva che un’anima del purgatorio salisse in paradiso, anche se non era dato sapere quale. Una vera e propria operazione di magia delle candele.
Le Ossa da Mordere
Emigrato più a nord nelle nebbiose terre del Lago Maggiore, ho scoperto un altro sapore di questa festa che rimane ancora oggi: le ossa da mordere. Un biscotto non lievitato e quindi di origine molto antica diffuso in tutta l’area lombarda, fatto di farina, nocciole, zucchero e albume d’uovo. Sono le ossa da mordere, Oss da mòrd nel dialetto locale.
Un dolce un po’ più macabro che era consumato in particolare nel Giorno dei Morti, non proprio un dolcetto o scherzetto, ma un altro modo per celebrare la morte in un atto quotidiano, in qualche modo confinandola.
La Lumera
Le rape sono sempre state associate alle teste qui in Italia. L’espressione italiana “testa di rapa” è molto comune. Indica una persona stupida. Non solo nella zona di Milano, dove vivo ora, ma anche in Veneto, la testa di rapa si usava come antenato della zucca di Halloween. Solamente scavata e forse intagliata con due fori ricordava probabilmente un teschio o comunque una testa (di rapa appunto).
Non ho mai assistito a questa tradizione. Oggi nel brianzolo ci sono varie feste delle lumere che utilizzano la zucca scavata e a volte intagliata. Ho però qualche dubbio sulla sua autenticità…
Qualche amico mi ha gentilmente modellato una rapa a forma di teschio… e davvero ci assomiglia, ma che fatica! Nel milanese c’è proprio una particolare specie di rapa, la rapa di Milan, che ha il colletto viola, molto grande e ben adattabile a questo scopo.
In Veneto questa usanza prende il nome di lumassa. Candele dentro a zucche lasciate sui davanzali per indicare ai morti la strada. In tempi più moderni si sostituirono con i comodi lumini rivestiti di plastica rossa.
L’idea diffusa un po’ in tutta Italia è che i morti, in particolare le anime del purgatorio, sfilassero in corteo nella notte tra l’1 e il 2 novembre. Qui le tradizioni poi si dividono: per qualcuno le luci indicano la strada, per altri impediscono ai morti di entrare. Anche accendere una lanterna sulla tomba del morto permette al morto di ritrovare di tenerla con sé e ritrovare la strada.
I morti vanno a far visita nei luoghi dove hanno vissuto e talvolta nelle case. Spesso nei paesi di montagna le orme dei morti si trovavano persino sulla neve.
Nel testo sulla stregoneria del XIX secolo del Cavagnari, contemporaneo di Leland, il corteo assume il nome di “tribulina”… i morti del corteo se incrociati o persi possono chiedere di riaccendere la propria candela o lanterna. Cosa che non si deve mai fare, o la persona che lo fa morirà entro l’anno.
La cena dei morti
Il rapporto con i morti resta comunque vario e ambiguo. Se non si può accendere una lanterna a chiunque, si può certamente apparecchiare la tavola per ristorare i morti.
In alcune regioni d’Italia, la sera tra l’1 e il 2 novembre, la tavola si apparecchia nuovamente dopo cena proprio per i defunti che desiderassero ristorarsi durante il loro pellegrinaggio. A volte è lasciato a cena un posto vuoto in onore del defunto.
Rivisitazione e ricontestualizzazione
Quando ormai più di vent’anni fa mi sono avvicinato alla Neopaganesimo e in particolare alla Wicca, questa è diventata una cornice attraverso cui ridare vita e contesto a vecchie tradizioni, come era già avvenuto altrove.
Nel rituale pubblico di Samhain che celebriamo ormai da quindici anni, abbiamo riattualizzato alcune di queste tradizioni. Il corteo dei morti, la filastrocca siciliana, la condivisione del cibo sono tutti elementi che fanno parte del nostro rituale. Assieme ai dolci tipici del periodo come ossa dei morti, pane dei morti, fave.
La moderna stregoneria ci aiuta a ridare vita alle tradizioni. Reinserirle in un contesto contemporaneo e al contempo spirituale, a rivitalizzarle… in un paese, dove la morte, va ricordato è femminile e non maschile come nel nord e centro Europa.
La morte è donna
Pensare alla morte come donna e non come l’Oscuro signore dell’oltretomba, ci avvicina ad un’idea molto terrestre di grembo da cui si nasce e grembo da cui si torna. Ci ricorda l’ineluttabilità della morte che la nostra civiltà cerca di esorcizzare in tutti i modi.
Una bellissima e inquietantissima immagine che rappresenta bene questi giorni è quella dell’affresco di Clusone, paese della Lombardia, “Trionfo e danza della morte”. Questa “dans macabre” dove i vivi si uniscono ai morti, è un monito rinascimentale in cui la morte regge un cartiglio che dice:
«Gionto la morte piena de equaleza/sole voi ve volio e non vostra richeza/ e digna sonto da portar corona/perché signorezi ognia persona»
“Giunge la morte piena di uguaglianza / voglio solo voi e non la vostra ricchezza / e degna sono di portar la corona / perché sono la Signora di ogni persona.”
Ed è con questo spirito di uguaglianza che celebriamo anche oggi la festa dei morti. Essa ci rende umani. Lei aspetta tutti. Al di là delle differenze ci rende partecipi dell’umanità con i suoi riti. Ci lega alla vita stessa che anche in questo momento di memoria degli antenati è costantemente celebrata.
Davide Marrè is a professional journalist, author, and translator. He is a Wiccan high priest, trained in a mixed Gardnerian and Alexandrian coven, a member of a Qabalhistic magical order and a former Master mason. Founder of Circolo dei Trivi APS, one of Italy’s largest neo-Pagan and Wiccan organizations, headquarters at Tempio della Luna, where he practices as a spiritual counselor and teacher. Davide is author of the “Inspirational Wicca Oracle Cards” and several books including “Conoscere la Wicca”, “La psicologia esoterica”, “Il Grimorio degli incanti”. He is an expert in local folklore, Aradia’s myth, and historical Witchcraft.
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